Karim Rashid

Nel mondo del design ha fatto irruzione con una ventata di colore, “il colore che anima il mondo”, per dirla con sue parole, sdoganando su tutti il rosa, quello di tante sue mise memorabili e con il quale ama firmarsi, Karim. Karim Rashid, poliedrico designer dall’inesauribile vena creativa, del mondo del design interpreta l’espressione più glamour e sensuale. Egiziano di nascita, italocanadese di formazione e newyorkese d’adozione, ha plasmato il suo mondo onirico fatto di linee morbide, curve, plastica e colore in più di 3000 progetti. La sua verve creativa ha contaminato brand di tutto il mondo, dal lusso di Cartier e Veuve Clicquot ad Artemide, Alessi, etc, sino a cimentarsi in visionari progetti d’architettura. Premiata e raccontata in decine di musei, la sua inesauribile ispirazione regala ogni anno nuove interpretazioni di un mondo sorprendente e contemporaneo. 

Quale significato attribuisci alla parola bellezza?
Penso che la bellezza sia l’unione tra mondo interiore e mondo esteriore, dove i confini non sono necessariamente definiti. È ciò che avviene quando consideriamo bello un quadro astratto poiché intravediamo un contenuto al di là di uno sguardo superficiale.  Il conscio è il mondo esteriore, l’inconscio è quello interiore; devono essere inseparabili per farsi permeare dalla bellezza. Penso che la bellezza sia trasparente ed onesta.

Qual è il primo oggetto, luogo o ambiente che ricordi?
Ricordo gli innumerevoli oggetti che avevo, quand’ero bambino, nella mia cameretta, i quali hanno giocato un ruolo cruciale e formativo nella mia vita. Erano tutti di plastica e con colori brillanti. Mi affascinano da sempre anche I colori fluorescenti e I decori di ispirazione digitale. Avevo uno spirografo giocattolo e credo che sia stato quel giocattolo a farmi amare le grafiche 3D e ciò che io definisco “Infosthetics” – il linguaggio dell’informazione.

C’è un oggetto di cui non puoi fare a meno?
L’arte. Ho dei quadri, che amo particolarmente, di  Peter Halley, Ryan Mcginness, Gerold Miller, Zimmermann, Julian Opie, Jenn Mann, Dalek, ed altri.  Prenderei anche qualche opera di Sottsass, Michele de Lucchi, Mendini, e gli oggetti di Sowden Memphis.

Qual è il tuo angolo segreto o nascondiglio?
Non ho un nascondiglio ma è alquanto difficile mettersi in contatto con me quando sono in palestra. È il mio momento di esercizio fisico, meditazione e concentrazione.

Quale ambiente di casa tua ti identifica meglio?
La camera da letto. È un santuario privato e un soggiorno allo stesso tempo.  Ci lavoro, rispondo alle email dal letto, bevo il caffè e guardo la TV con mia moglie dopo una lunga giornata.

Permetti che vi siano oggetti brutti in casa tua?
Assolutamente no! Tutto in casa mia è funzionale ed estetico. Le cose che più si avvicinano al brutto in casa mia sono gli imballaggi dei cibi e dei cosmetici naturali. Mangio solo cibi biologici e molto spesso la parola biologico viene accostata a hippy, motivo per cui l’imballaggio è nei toni marrone e verde quando invece dovrebbe essere considerato come progressista.

Cosa significa “design” per te?
Design significa rivisitare e sviluppare la nostra cultura ed il paesaggio fisico. Non ha a che fare con le tendenze, il problem solving, tantomeno la forma o la funzione; piuttosto riguarda il progresso. La forma è secondaria al soggetto. Il soggetto è ciò su cui ti devi concetrare per modellare la forma.

Cosa ti piacerebbe essere se fossi un oggetto di design?
Vorrei essere il divano Lips disegnato da Salvador Dali e lo studio Studio 65 / Bocca+Edra – un po’ come baciare tutti coloro che vengono ad accomodarsi!  Ma chiariamo, non sono un ruffiano. 

Quale oggetto ti piacerebbe aver inventato?
La macchina elettrica.

Cosa ti annoia e cosa ti diverte?
Il design e il design.

Se non fossi Karim Rashid, chi ti piacerebbe essere?
Dunque, mi piacerebbe essere un compositore di musica elettronica o uno speaker motivazionale / Guru su Globalove.

 

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